Museo d’arte orientale Edoardo Chiossone

L’edificio museale fu progettato dal noto architetto Mario Labò (1884-1961), costruito tra il 1953 e il 1967 e inaugurato poi nel 1971.

Dove si trova

Si tratta di una straordinario esempio di architettura razionalista in cemento armato, formato da un avancorpo, da cui si accede in atrio e biglietteria e il cui tetto forma una terrazza panoramica; il corpo principale, di pianta rettangolare, è un magnifico spazio a volume unico con un salone al piano terreno e cinque gallerie a sbalzo sulle due pareti lunghe, collegate da rampe di scale in ferro e legno formanti un percorso continuo. Ideato appositamente per accogliere la collezione di arte orientale, il progetto di Labò presenta chiari riferimenti, nella modulazione degli spazi e nella scelta dei materiali, alla architettura tradizionale giapponese.

Il percorso inizia nel Salone, dove sono esposte le grandi sculture in bronzo provenienti da templi buddhisti, risalenti ai secoli XVII- XVIII. Salendo la scala sul lato destro, si accede alla Prima Galleria, dedicata alla nascita e allo sviluppo della civiltà e della cultura artistica giapponese. Qui troviamo reperti archeologici dei periodi Yayoi (ca. 300 a. C. – 300 d.C.) e Kofun (300 – 710 d.C.) e specchi rituali in bronzo cinesi e giapponesi: queste opere testimoniano i rapporti del Giappone con l’Asia Orientale Continentale e l’evoluzione della metallotecnica. Le vetrine dalla 3 alla 7 sono dedicate all’arte buddhista, mentre nelle ultime due vetrine sono esposte opere rappresentative della civiltà dei samurai. Da qui ci possiamo affacciare sulla galleria di fronte, la quinta, che raggiungeremo a fine percorso, e osservare nel suo insieme le tredici grandi armature giapponesi oyoroi, complete ed equipaggiate con armi.

Proseguendo saliamo nella Seconda Galleria, dedicata allo sviluppo delle arti decorative nel periodo Edo (1600-1868). Troviamo le opere di scultura lignea di soggetto buddhista nelle vetrine 10 e 11, mentre nelle due vetrine successive sono esposte le maschere teatrali in legno scolpito del teatro tradizionale giapponese Nō. Si susseguono poi nel percorso le categorie delle arti applicate cinesi e giapponesi: gli smalti cloisonné, le porcellane, le lacche. Nell’ultima vetrina è esposta una selezione di inrō e netsuke: un piccolo astuccio e il suo ciondolo, accessori dell’abbigliamento maschile del periodo Edo.

Maggiori informazioni storiche si possono trovare a questo link.

Note sull’accessibilità. Il Museo risponde.

Il museo Chiossone è situato all’interno di un parco pubblico, locato su una collina e per raggiungerlo è necessario seguire un sentiero in salita che è dichiarato non accessibile per persone con elevata disabilità motoria. Per ovviare a questa problematica, nel caso di gruppi organizzati e associazioni, possiamo concordare l’arrivo del mezzo proprio fino a davanti al museo, autorizzando un permesso speciale per ingresso nel parco (con auto/un piccolo pulmino).

Il museo presenta un ingresso con gradini e una rampa laterale (che non è percorribile in autonomia in carrozzina ma consente di spingere la carrozzina all’accompagnatore fino all’ingresso.

Il piano terra (atrio, biglietteria, servizi igienici, primo salone espositivo) sono accessibili per persone con disabilità motoria. Il resto del museo si sviluppa su gallerie collegate da scale, quindi tutto il resto dell’esposizione non è accessibile.

Non abbiamo supporti di visita per disabilità visiva o cognitiva.

Possiamo concordare attività dedicate per gruppi e associazioni in accordo con i nostri Sistemi Educativi del Comune di Genova (in passato abbiamo realizzato attività con ASM, persone affette da Alzheimer e demenza senile, disabilità visiva, disabilità intellettiva lieve e disabilità motoria lieve).

La terrazza del museo, raggiungibile dall’interno del museo con una rampa di scale, è accessibile dall’esterno, attraverso una rampa idonea per persone in carrozzina in autonomia, con accesso diretto dal sentiero che circonda il museo: per raggiungere la terrazza, in caso di eventi speciali, può essere coordinato con noi l’arrivo del mezzo proprio fin davanti alla rampa, autorizzando un permesso speciale per ingresso nel parco (con auto/un piccolo pulmino).

L’ingresso è gratuito per

•    disabili su presentazione della Disability Card Europea o idonea certificazione,
•    accompagnatore disabili

I luoghi della Shoah

Fondazione Memoriale della Shoah – Binario 21, Italia

Memoriale delle Deportazioni, Italia

Memoriale della Shoah Bologna, Italia

Risiera di San Sabba, Italia

Quartiere ebraico di Venezia, Italia

Museo ebraico di Roma, Italia

Complesso Museale Ebraico di Casale Monferrato, Italia

Fossoli, Italia

Museo della Memoria Ferramonti di Tarsia, Italia

Museo Diffuso di Torino, Italia

Pitigliano, Italia

Campo di internamento di Urbisaglia, Italia

Casa della memoria di Servigliano, Italia

Auschwitz-Birkenau, Polonia

Buchenwald, Germania

Mauthausen, Austria

Dachau, Germania

Bergen-Belsen, Germania

Museo Ebraico di Berlino, Germania

Memoriale della Shoah, Germania

Yad Vashem, Israele

La Casa di Anna Frank, Paesi Bassi

Il Ghetto di Varsavia, Polonia

La Fabbrica di Schindler, Polonia

United States Holocaust Museum, USA

Il Memoriale della Shoah di Parigi, Francia

Pietre d’inciampo in Europa

Memoriale agli omosessuali perseguitati sotto il nazismo, Germania

Memoriale per i Sinti e i Rom vittime del Nazionalsocialismo, Germania

Jüdischer Friedhof Berlin-Weißensee, Germania

Blindenwerkstatt Otto Weidt, Germania

Gleis 17 Memorial, Germania

Sonnenstein Euthanasia Centre, Germania

Memoriale della Rosa Bianca, Germania

Hadamar Euthanasia Center, Germania

Wannsee, Villa Minoux, Germania

Illinois Holocaust Museum & Education Center, USA

ANTO per il 27 gennaio

In una giornata come questa, ed avendo l’onore di avere come Partner la Fondazione Fossoli, la Associazione Nazionale Turismo Open non poteva non partire dalle parole di Primo Levi che descrive la partenza da Fossoli dove era tenuto prigioniero che potete leggere a questo link. Abbiamo fatto un’intervista a Manuela Guazzoni, Presidentessa della Fondazione Fossoli che trovate a questo link.

In una giornata come questa a distanza di esattamente 80 anni dall’arrivo dei sovietici a liberare il campo di sterminio più grande del mondo Aushwitz in Polonia, la Associazione Nazionale Turismo Open, avendo visitato il Memoriale della Shoah ed avendone fatto una recensione che potete trovare a questo link, porta avanti con forza, oggi più che mai ideali antisemite, antirazziali e si batterà sempre per un uso appropriato del linguaggio, sia da parte della politica nazionale ed internazionale che, soprattutto, da parte dei giornalisti che troppo spesso introducono nel lessico corrente dei vocaboli non consoni al contesto. Oggi più che mai ci si imbatte in parole come genocidio come se fosse normale. La Associazione Nazionale Turismo Open trae dal vocabolario Treccani Online il significato della parola secondo cui il genocidio si definisce come: “Grave crimine, di cui possono rendersi colpevoli singoli individui oppure organismi statali, consistente nella metodica distruzione di un gruppo etnico, razziale o religioso, compiuta attraverso lo sterminio degli individui, la dissociazione e dispersione dei gruppi familiari, l’imposizione della sterilizzazione e della prevenzione delle nascite, lo scardinamento di tutte le istituzioni sociali, politiche, religiose, culturali, la distruzione di monumenti storici e di documenti d’archivio, ecc.”. Troppo spesso si usa in modo abnorme questo vocabolo orrendo con troppa e superficialità.

Infine l’Associazione Nazionale Turismo Open intende ricordare una figura importante come Furio Colombo che da parlamentare Nel 2000 fu l’ideatore e primo firmatario della legge 211, da lui voluta, che istituì il 27 gennaio come “Giorno della Memoria”.

Da ultimo invitiamo i nostri lettori a seguire il canale YouTube della Fondazioni Fossoli ricca di testimonianze e ricordi.

I temi della memoria sono moltissimi e non si possono raccontare in poche righe come questo articolo, quando esiste una sterminata bibliografia storica che ripercorre tutte le sfaccettature; penso alle leggi razziali in Italia, penso alle famigerate Aktion T4, penso agli esperimenti del dott. Mengele, penso all’orrenda condizione di vita nei lager, penso alla razionalità di Eichmann quando gli venne chiesto  di elaborare un piano per ammazzare il maggior numero di persone con il minor costo possibile, penso, penso, penso… per non dimenticare.

La Associazione Nazionale Turismo Open non dimentica.

Antonio Capoduro
Presidente Associazione Nazionale Turismo Open.

5 febbraio: Presentazione Museo della scherma

Antonio Capoduro e Giovanni Lodetti invitano la S.V. presso la “Sala A” della sede Lombarda del CONI in via Piranesi 46 Milano il giorno 5 febbraio 2025 alle ore 17.45 per la presentazione del “Museo della Scherma M° Marcello Lodetti”.

Con 50 medaglie d’oro (l’ultima a Parigi nel 2024) e un totale di 135 nella storia delle Olimpiadi, l’Italia è la nazione al mondo con più titoli nella scherma, con vittorie a maggioranza femminile. Un omaggio a questa eccellenza poco riconosciuta è il nuovo Museo della Scherma M° Marcello Lodetti, struttura virtuale e multimediale, che sarà presto disponibile grazie a 9 patrocini di enti nazionali e all’ideazione e sviluppo di ANTO, Associazione Nazionale Turismo Open, il cui fondatore e presidente è Antonio Capoduro, ex schermidore in carrozzina della Sala di Scherma del Maestro Marcello Lodetti.

“Abbiamo il fior fiore del medagliere olimpico, manca però uno strumento per raccontare a bambini, studenti, genitori e sportivi il valore di queste tre discipline: fioretto, spada e sciabola. Io, affetto da disabilità motoria importante, l’ho scelta nella mia vita per i benefici fisico, psicologico ed etico. Ecco, volevo che anche gli altri sapessero che cos’è la scherma con uno spazio virtuale e interattivo.”

Nella struttura digitale e multimediale accessibile, il nuovo Museo della scherma M° Marcello Lodetti avrà sì l’esposizione di reperti, ma anche simulazioni e situazioni virtuali per trasmettere l’essenza del praticare questo sport.

“In primo luogo, il museo si impegna a esplorare il passato della scherma ­– racconta il presidente di ANTO ­– Narreremo la sua evoluzione attraverso i secoli e metteremo in evidenza il ruolo storico della scherma come strumento di difesa, duello e competizione. Con l’aiuto di reperti archeologici, manoscritti antichi e simulazioni virtuali, i visitatori saranno trasportati indietro nel tempo per comprendere l’importanza e l’impatto della scherma.”

Da sport d’élite a pratica popolare a livello globale, la scherma troverà nel nuovo Museo testimonianze di atleti di spicco, analisi dei moderni metodi di allenamento e proiezioni delle competizioni internazionali. Il valore storico del museo sarà gestito dal professor Sergio Giuntini, Presidente della Società Italiana Storici dello Sport, mentre la sezione scientifica sarà curata dal maestro Giovanni Lodetti, figlio di Marcello Lodetti e ricercatore nel campo della scherma.

CHI È ANTONIO CAPODURO

Laureato in Scienze dell’Informazione all’Università degli Studi di Milano, spastico dalla nascita, vive e lavora a Milano presso il Dipartimento di Informatica; ha sempre operato per migliorare la qualità della vita delle persone con disabilità, partendo dall’accessibilità informatica, al mondo dello sport e attualmente al settore turistico. Collaboratore scientifico di AIPPS cui Presidente è Giovanni Lodetti, con cui ha condiviso molti lavori, ha preso parte a numerosi convegni e sviluppato insieme a partner europei la “Carta etica dello sport” nell’ambito di un Progetto Europeo; è fondatore e presidente di ANTO-Associazione Nazionale Turismo Open.

COS’È ANTO E PERCHÈ UN MUSEO DELLO SPORT

E’ un Ente del Terzo Settore; come Organizzazione di Volontariato (disciplinata da statuto e che agisce nei limiti del D.Lgs. 117/2017) persegue la diffusione della cultura dell’accessibilità a luoghi e servizi in cui si svolgono attività ed esperienze turistiche. Non solo e non tanto per superare barriere architettoniche, ma progettare la fruizione di realtà pubbliche e private, di tutte le dimensioni economiche in funzione dell’accoglienza. In questo senso, l’approccio virtuale e multimediale di un Museo come il Museo della Scherma M° Marcello Lodetti vuol essere il caso-studio, il principio-guida di ogni museo aperto, cioè OPEN a pubblici differenti per capacità fisiche, mentali, culturali.

CHI È GIOVANNI LODETTI
Giovanni Lodetti ha elaborato le discipline che regolano tutte le implicazioni psicologiche e pedagogiche allo sport di cui AIPPS da trent’anni ne è consapevole. Un’esperienza che ha permesso lo sviluppo di ricerche e progetti sul campo sfociati nella nascita della – Psicologia clinica dello sport – che nel 2007 è stata riconosciuta nel Congresso EFPA di Praga. Attraverso poi lo sviluppo di un modello operativo di “Ecologia della mente e dello sport”, concluso con un Manifesto attuativo nel 2013 si è avuto il pieno sviluppo di un Welfare dello sport che sfocia in un luogo di studio come “Area Lodetti”, attualmente Docenza in benessere sociale attraverso il movimento fisico presso il Dipartimento di Scienze motorie dell’Università degli Studi di Milano.

PATROCINI

Ateneo dell’Università degli studi di Milano, Panathlon International, CONI Lombardia, Federazione Italiana Scherma Lombardia, Comitato Paralimpico Lombardia, Società Italiana di storia dello Sport, Associazione Internazionale Psicologia e Psicanalisi dello Sport, Federazione Italiana dello Sport Universitario, Dipartimento di Informatica dell’Università degli Studi di Milano, Unione Nazionale Veterani dello Sport.

Se questo è un uomo – Primo Levi – La Partenza da Fossoli

Come ebreo, venni inviato a Fossoli, presso Modena, dove un vasto campo di internamento, già destinato ai prigionieri di guerra inglesi e americani, andava raccogliendo gli appartenenti alle numerose categorie di persone non gradite al neonato governo fascista repubblicano.

Al momento del mio arrivo, e cioè alla fine del gennaio 1944, gli ebrei italiani nel campo erano centocinquanta circa, ma entro poche settimane il loro numero giunse a oltre seicento. Si trattava per lo più di intere famiglie, catturate dai fascisti o dai nazisti per loro imprudenza, o in seguito a delazione. Alcuni pochi si erano consegnati spontaneamente, o perché ridotti alla disperazione dalla vita randagia, o perché privi di mezzi, o per non separarsi da un congiunto catturato, o anche, assurdamente, per “mettersi in ordine con la legge”. V’erano inoltre un centinaio di militari jugoslavi internati, e alcuni altri stranieri considerati politicamente sospetti. (…)

Ma il mattino del 21 si seppe che l’indomani gli ebrei sarebbero partiti. Tutti: nessuna eccezione. Anche i bambini, anche i vecchi, anche i malati. Per dove, non si sapeva. Prepararsi per quindici giorni di viaggio. Per ognuno che fosse mancato all’appello, dieci sarebbero stati fucilati.

Soltanto una minoranza di ingenui e di illusi si ostinò nella speranza: noi avevamo parlato a lungo coi profughi polacchi e croati, e sapevamo che cosa volesse dire partire.

Nei riguardi dei condannati a morte, la tradizione prescrive un austero cerimoniale, atto a mettere in evidenza come ogni passione e ogni collera siano ormai spente, e come l’atto di giustizia non rappresenti che un triste dovere verso la società, tale da potere accompagnarsi a pietà verso la vittima da parte dello stesso giustiziere. Si evita perciò al condannato ogni cura estranea, gli si concede la solitudine, e, ove lo desideri, ogni conforto spirituale, si procura insomma che egli non senta intorno a sé l’odio o l’arbitrio, ma la necessità e la giustizia, e, insieme con la punizione, il perdono.

Ma a noi questo non fu concesso, perché eravamo troppi, e il tempo era poco, e poi, finalmente, di che cosa avremmo dovuto pentirci, e di che cosa venir perdonati? Il commissario italiano dispose dunque che tutti i servizi continuassero a funzionare fino all’annunzio definitivo; la cucina rimase perciò in efficienza, le corvées di pulizia lavorarono come di consueto, e perfino i maestri e i professori della piccola scuola tennero lezione a sera, come ogni giorno. Ma ai bambini quella sera non fu assegnato compito.

E venne la notte, e fu una notte tale, che si conobbe che occhi umani non avrebbero dovuto assistervi e sopravvivere. Tutti sentirono questo: nessuno dei guardiani, né italiani né tedeschi, ebbe animo di venire a vedere che cosa fanno gli uomini quando sanno di dover morire.

Ognuno si congedò dalla vita nel modo che più gli si addiceva.

Alcuni pregarono, altri bevvero oltre misura, altri si inebriarono di nefanda ultima passione. Ma le madri vegliarono a preparare con dolce cura il cibo per il viaggio, e lavarono i bambini, e fecero i bagagli, e all’alba i fili spinati erano pieni di biancheria infantile stesa al vento ad asciugare; e non dimenticarono le fasce, e i giocattoli, e i cuscini, e le cento piccole cose che esse ben sanno, e di cui i bambini hanno in ogni caso bisogno. Non fareste anche voi altrettanto? Se dovessero uccidervi domani col vostro bambino, voi non gli dareste oggi da mangiare? (…)

I vagoni erano dodici, e noi seicentocinquanta; nel mio vagone eravamo quarantacinque soltanto, ma era un vagone piccolo. Ecco dunque, sotto i nostri occhi, sotto i nostri piedi, una delle famose tradotte tedesche, quelle che non ritornano, quelle di cui, fremendo e sempre un poco increduli, avevamo così spesso sentito narrare. Proprio così, punto per punto: vagoni merci, chiusi dall’esterno, e dentro uomini donne bambini, compressi senza pietà, come merce di dozzina, in viaggio verso il nulla, in viaggio all’ingiù, verso il fondo. Questa volta dentro siamo noi. (…)

Il treno viaggiava lentamente, con lunghe soste snervanti. Dalla feritoia, vedemmo sfilare le alte rupi pallide della val d’Adige, gli ultimi nomi di città italiane. Passammo il Brennero alle dodici del secondo giorno, e tutti si alzarono in piedi, ma nessuno disse parola. Mi stava nel cuore il pensiero del ritorno, e crudelmente mi rappresentavo quale avrebbe potuto essere la inumana gioia di quell’altro passaggio, a portiere aperte, ché nessuno avrebbe desiderato fuggire, e i primi nomi italiani… e mi guardai intorno, e pensai quanti, fra quella povera polvere umana, sarebbero stati toccati dal destino.

Fra le quarantacinque persone del mio vagone, quattro soltanto hanno rivisto le loro case; e fu di gran lunga il vagone piu fortunato. Soffrivamo per la sete e il freddo: a tutte le fermate chiedevamo acqua a gran voce, o almeno un pugno di neve, ma raramente fummo uditi; i soldati della scorta allontanavano chi tentava di avvicinarsi al convoglio. Due giovani madri, coi figli ancora al seno, gemevano notte e giorno implorando acqua. Meno tormentose erano per tutti la fame, la fatica e l’insonnia, rese meno pensose dalla tensione dei nervi: ma le notti erano incubi senza fine.

Pochi sono gli uomini che sanno andare a morte con dignità, e spesso non quelli che ti aspetteresti. Pochi sanno tacere, e rispettare il silenzio altrui. Il nostro sonno inquieto era interrotto sovente da liti rumorose e futili, da imprecazioni, da calci e pugni vibrati alla cieca come difesa contro qualche contatto molesto e inevitabile. Allora qualcuno accendeva la lugubre fiammella di una candela, e rivelava, prono sul pavimento, un brulichio fosco, una materia umana confusa e continua, torpida e dolorosa, sollevata qua e là da convulsioni improvvise subito spente dalla stanchezza.

Dalla feritoia, nomi noti e ignoti di città austriache, Salisburgo, Vienna; poi cèche, infine polacche. Alla sera del quarto giorno, il freddo si fece intenso: il treno percorreva interminabili pinete nere, salendo in modo percettibile. La neve era alta. Doveva essere una linea secondaria, le stazioni erano piccole e quasi deserte. Nessuno tentava più, durante le soste, di comunicare col mondo esterno: ci sentivamo ormai “dall’altra parte”. Vi fu una lunga sosta in aperta campagna, poi la marcia riprese con estrema lentezza, e il convoglio si arrestò definitivamente, a notte alta, in mezzo a una pianura buia e silenziosa. Si vedevano, da entrambi i lati del binario, file di lumi bianchi e rossi, a perdita d’occhio; ma nulla di quel rumorio confuso che denunzia di lontano i luoghi abitati. Alla luce misera dell’ultima candela, spento il ritmo delle rotaie, spento ogni suono umano, attendemmo che qualcosa avvenisse.

Accanto a me, serrata come me fra corpo e corpo, era stata per tutto il viaggio una donna. Ci conoscevamo da molti anni, e la sventura ci aveva colti insieme, ma poco sapevamo l’uno dell’altra. Ci dicemmo allora, nell’ora della decisione, cose che non si dicono fra i vivi. Ci salutammo, e fu breve; ciascuno salutò nell’altro la vita. Non avevamo più paura. (…)

Ci apparve una vasta banchina illuminata da riflettori. Poco oltre, una fila di autocarri. Poi tutto tacque di nuovo. Qualcuno tradusse: bisognava scendere coi bagagli, e depositare questi lungo il treno. In un momento la banchina fu brulicante di ombre: ma avevamo paura di rompere quel silenzio, tutti si affaccendavano intorno ai bagagli, si cercavano, si chiamavano l’un l’altro, ma timidamente, a mezza voce. Una decina di SS stavano in disparte, l’aria indifferente, piantati a gambe larghe. A un certo momento, penetrarono fra di noi, e, con voce sommessa, con visi di pietra, presero a interrogarci rapidamente, uno per uno, in cattivo italiano. Non interrogavano tutti, solo qualcuno. “Quanti anni? Sano o malato?” e in base alla risposta ci indicavano due diverse direzioni.

Tutto era silenzioso come in un acquario, e come in certe scene di sogni. Ci saremmo attesi qualcosa di piu apocalittico: sembravano semplici agenti d’ordine. Era sconcertante e disarmante.

Qualcuno osò chiedere dei bagagli: risposero “bagagli dopo”; qualche altro non voleva lasciare la moglie: dissero “dopo di nuovo insieme”; molte madri non volevano separarsi dai figli: dissero “bene bene, stare con figlio”. Sempre con la pacata sicurezza di chi non fa che il suo ufficio di ogni giorno. (…)

Da “Se questo è un uomo” di Primo Levi – Ed, Einaudi

La città di Milano non rispetta il turismo

Da milanese, da italiano, da turista per passione e professione mi sto rendendo conto di quanto la città di Miano si stia impoverendo sempre di più per ragioni ai più sconosciute. Ma cosa sta succedendo?

L’esperienza cui si ispira questo articolo nasce sabato 11 gennaio 2024, iniziata da un regalo di Natale a mia moglie Silvia, il biglietto per vedere “Lo schiaccianoci” di Piotr Ilic Tchaikovsky al Teatro alla Scala. Partiamo da Bande Nere con la metropolitana. Ricordo ai lettori che sono una persona con disabilità Chiediamo al controllore se l’ascensore al duomo funzionava, sapendo che la riapertura degli ascensori al duomo era prevista per il 6 gennaio. Ci danno l’ok, stupito da questo ok per scarsa fiducia degli amministratori locali e dei lavori ATM. Partiamo.

Scendiamo al Duomo, dove come previsto non funzionava l’ascensore esterno. Chiediamo al controllore dove potevamo uscire rispondendo che dovevamo chiedere al controllore di Bande Nere ed abbiamo risposto che per lui era tutto funzionante; comunque percorrendo tutto il corridoio arrivavamo in Cordusio e lì c’è il montascale (personalmente credo sia il più lento del mondo), fremendo perché al Teatro alla Scala gli spettacoli iniziano alle 20.00. E finalmente arriviamo all’ingresso della Scala alle 19.45.

Al termine dello spettacolo 22.30 con Silvia volevamo trascorrere una serata fuori; usciamo dalla Scala con grande fatica a causa della folla che solitamente si assembra all’uscita degli spettacoli e ci avviamo verso la zona dei ristoranti/pizzerie. Tutti inesorabilmente chiusi. Al sabato sera il centro di Milano era praticamente vuoto e sporcizia ovunque. Ci siamo spostato in via Dante, stesso scenario squallido. Una Milano così triste e brutta non l’avevo mai vista. Siamo tornati mestamente a casa e ci siamo fatti la pasta di mezzanotte.

Reduci da una vacanza a Madrid e da un weekend a Firenze, trovare questo decadimento in centro a Milano fa sorgere numerosi dubbi sull’amministrazione della seconda città d’Italia: il centro della città ignora completamente le esigenze dei cittadini e dei turisti che vogliono divertirsi e/o semplicemente cenare al termine di uno spettacolo al cinema o a teatro. Un quadro desolante e il confronto con Madrid e Firenze è semplicemente pietoso. Un senso di smarrimento, un senso di rabbia verso la città in cui vivo e che ho amato. A Firenze una ordinanza comunale vieta la vendita di alcolici in negozi del centro dalle ore 21, mi sembra ridicolo perché basta attraversare un qualunque ponte sull’Arno, ed acquisti quello che vuoi. In ogni caso, non vedo l’utilità di una simile ordinanza se non la perdita di guadagno dei negozianti. In compenso la città di Firenze è pulitissima, nonostante sia una delle città più visitate del mondo. A Madrid sembra di essere in un altro pianeta.

Quindi se si vuole gestire una grande città è possibile, a patto che ci sia rispetto per tutti: cittadini, turisti e persone con disabilità. Chi scrive queste parole è un cittadino, un turista e una persona con disabilità che vede il degrado diffuso della città. Non oso pensare nelle periferie cosa possa succedere. Stiamo assistendo al declino di una ex grande città e lo scrivo con grande rammarico.

Antonio Capoduro
Pres. Associazione Nazionale Turismo Open

Cappella degli Scrovegni (PD)

Dove si trova

La Cappella degli Scrovegni, conosciuta da tutti con il cognome del suo committente Enrico, è intitolata a Santa Maria della Carità e nota in tutto il mondo per lo straordinario ciclo pittorico realizzato da Giotto. L’opera costituisce il massimo capolavoro ad affresco dell’artista e testimonia la profonda rivoluzione che il pittore toscano portò nell’arte occidentale.

Il ciclo affrescato da Giotto in soli due anni, tra il 1303 e il 1305, si dispiega sull’intera superficie interna della Cappella narrando la Storia della Salvezza in due percorsi differenti: il primo con le Storie della Vita della Vergine e di Cristo dipinto lungo le navate e sull’arco trionfale; il secondo inizia con i Vizi e le Virtù, affrontate nella pozione inferiore delle pareti maggiori, e si conclude con il maestoso Giudizio Universale in controfacciata.

La prima grande rivoluzione compiuta da Giotto a Padova è nella rappresentazione dello spazio: si possono ammirare esempi di “prospettiva” e di resa della terza dimensione che anticipano di cent’anni leteorie rinascimentali. La seconda è l’attenzione rivolta alla rappresentazione dell’uomo, nella sua fisicità ed emotività: ciò viene ben espresso da Giotto nelle Storie della Vita della Vergine e di Cristo in cui emergono con intensità le gioie e i dolori umani, di cui restano significativi e celebri esempi la tenerezza del bacio di Gioacchino ed Anna ne L’incontro alla Porta Aurea e la disperazione delle madri in lacrime ne La strage degli innocenti.

Il soffitto voltato è un manto azzurro di stelle e presenta dei tondi le figure di Maria, di Cristo e dei Profeti. Nel presbiterio si conserva ancora il gruppo scultoreo Madonna con il Bambino tra due angeli realizzato dal grande scultore Giovanni Pisano all’inizio del Trecento.

Il ciclo affrescato della Cappella degli Scrovegni è stato iscritto nella Lista del Patrimonio Mondiale UNESCO nel 2021 all’interno del sito seriale “I cicli affrescati del XIV secolo di Padova”.

Note sull’accessibilità

La Cappella degli Scrovegni è accessibile a persone con disabilità motoria e l’accesso è accanto alla biglietteria situata sul lato destro della chiesa,

Servizio Call Canter di Vita Indipendente della Regione Lombardia

Vita Indipendente è uno strumento economico per aiutare le persone con disabilità a vivere una vita con minori difficoltà. Quindi dovrebbero agevolare economicamente e burocraticamente le persone più disagiate.

Oggi provo con mia moglie a chiamare il call center del servizio di vita indipendente per sapere se esistono sostegni economici per l’acquisto di un autoveicolo e per una protesi dentaria. La risposta è stata a nostro parere persino sgradevole: “occorre guardare tutti i bandi regionali e valutare quello che fa al vostro caso”.

Se questo è il modo di aiutare le persone con difficoltà non mi sembra un servizio utile a semplificare la vita di persone con disabilità, soprattutto in virtù della varietà delle disabilità che esistono e come si sa i bandi sono scritti in burocratese che nessuno conosce, nemmeno gli addetti ai lavori, proprio per scoraggiare le persone a farne uso. Immaginiamoci solo il verbo “Obliterare” che in italiano corrente si traduce banalmente in timbrare, leggere un bando in linguaggio burocratese per una persona con disabilità intellettiva o semplicemente non acculturata.

Fare formazione a centralinisti di “vita indipendente” a mio avviso è un obbligo morale, civile e sociale da parte delle Regioni.

Antonio Capoduro
Pres. Associazione Nazionale Turismo Open

Anno nuovo, tempo di riflessioni e di bilanci delle attività della Associazione Nazionale Turismo Open: uno slancio verso il futuro

L’Associazione Nazionale Turismo Open è in grande espansione se consideriamo che è stata costituita solo a marzo del 2023; durante il quale è stato dato un impianto stabile e coerente al sito web, nostra principale fonte di visibilità insieme ai nostri canali social: facebook, twitter (x.com), instagram e YouTube.

Le visite

La Associazione Nazionale Turismo Open ha visitato e classificato secondo i propri criteri di valutazione, sintetizzate in stelline i seguenti luoghi suddivisi per regioni:

Emilia-Romagna

Città di Bologna: Basilica di San Petronio (1 stellina)
Città di Modena: Museo Enzo Ferrari (3 stelline)
Provincia di Modena: Nirano – Salse (5 stelline)
Città di Parma: Galleria Nazionale (3 stelline)
Provincia di Parma: Fontanarello – Labirinto di Franco Maria Ricci (3 stelline)
Città di Piacenza: Basilica del Santo Sepolcro (0 stelline), Basilica di Santa Maria di Campagna (3 stelline)
Provincia di Reggio Emilia: Il borgo fortificato di Castellarano (RE) (1 stellina), Marola e i suoi metati (3 stelline)
Città di Ravenna: Battistero degli ariani (3 stelline)

Lazio

Provincia di Roma: Museo Archeologico Nazionale di Civitavecchia (1 stellina)

Lombardia:

Città di Brescia: Chiesa di Santa Maria dei Miracoli (3 stelline), Tempio Capitolino (5 stelline)
Città di Como: Basilica di Sant’Abbondio (3 stelline), Basilica di San Fedele (1 stellina), Duomo (3 stelline), Tempio Voltiano (3 stelline)
Città di Milano: Basilica di Sant’Ambrogio (4 stelline), Chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore (5 stelline), Chiesa di San Satiro (3 stelline), Duomo (5 stelline), Memoriale della Shoah (3 stelline), Museo Poldi-Pezzoli (1 stellina)

Piemonte

Città di Torino: Real Chiesa di San Lorenzo (3 stelline)
Provincia di Torino: Sant’Ambrogio – San Michele (3 stelline), Reggia di Venaria Reale (5 stelline)

Sicilia

Città di Palermo: Palazzo dei Normanni (3 stelline)

Toscana

Città di Firenze: Museo Nazionale del Bargello (1 stellina), Museo del trenino: H0 (3 stelline)
Provincia di Pisa: Museo Piaggio a Pontedera (3 stelline)

Veneto

Provincia di Vicenza: Due0000ville – La sorgente del Bacchiglione (3 stelline)
Provincia di Venezia: Stra – Museo Villa Pisani (3 stelline)

I percorsi

Abbiamo iniziato ad elencare i principali percorsi accessibili e più rapidi per andare da a mete più o meno importanti come:

Città di Milano: dalla Stazione Centrale a Duomo
Città di Brescia: dalla Stazione Ferroviaria a Piazza della Vittoria.

Le interviste

Abbiamo iniziato a fare interviste a sindaci, musei, fondazioni e organizzazioni di assistenza per disabili e persone con difficoltà:

Sindaco di Cinto Caonaggiore
Direttrice Musei del Bargello – Firenze
Presidente Fondazione Fossoli – Carpi (MO)
Direttrice Sala Blu (Servizio di assistenza ferroviaria)

I Partner

Abbiamo raccolto partner come:

Dipartimento di Informatica dell’Università degli Studi di Milano
Fondazione Fossoli
Fondazione PartecipaMI
IdeaNatura snc

I nostri progetti

E’ in cantiere su idea di Antonio Capoduro insieme a Giovanni Lodetti il Museo Multimediale della Scherma M° Marcello Lodetti; progetto che ha ricevuto i seguenti Patrocini: CONI Lombardia, FIS Lombarsia, CIP Lombardia, Panathlon Italia, Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Informatica dell’Università degli Studi di Milano, Unione Nazionale Veterani dello Sport, Federazione Italiana dello Sport Universitario, Associazione internazionale di Psicologia e Psicanalisi dello Sport, Società Italiana Storici dello Sport e Associazione Nazionale Turismo Open.

Siamo in attesa del Patrocinio di Milano-Cortina e della Ragione Lombardia.

Eventi in cui abbiamo partecipato

Milano: Dicembre 2023: “Vita indipendente in Regione Lombardia”
Rozzano: Maggio 2024: “Ho Voglia di te, sessualità e disabilità”
Firenze: Novembre 2024: I luoghi dello sport”

Work in progress

In virtù di quanto esposto finora, la Associazione Nazionale Turismo Open intende proseguire il proprio lavoro di sensibilizzazione per migliorare la qualità del turismo accessibile, arricchire il numero di attrazioni turistiche con piccoli interventi e segnalazioni, prestare maggiore attenzione verso il pubblico visti i risultati in costante crescita in termini di visualizzazioni ed intende aumentare la quantità di informazioni fornite. aumentare i servizi e migliorare la qualità della reperibilità delle informazioni e soprattutto farsi portabandiera del concetto che il turismo accessibile aumenta il business.

Infine vorremmo accingere qualche finanziamento esterno per avere maggiori possibilità di agevolare e incrementare i nostri servizi.

Ricordo che ogni cosiglio, critica, partecipazoione attiva è ben accetta; attraverso il contributo e le idee di tutti è possibile crescere e migliorare. Siete i benvenuti.

Antonio Capoduro
Pres. Associazione Nazionale Turismo Open

Basilica di San Petronio a Bologna

Dove si trova

La Basilica di San Petronio, dedicata al patrono cittadino, sorge in Piazza Maggiore ed è la più grande e importante chiesa bolognese.

La costruzione fu iniziata nel 1390 sotto la direzione di Antonio di Vincenzo. Nel 1514 Arduino degli Arriguzzi propose un nuovo modello a croce latina che avrebbe superato in grandezza la chiesa di San Pietro a Roma, ma, secondo la leggenda, Pio IV ne bloccò la realizzazione sollecitando i lavori per la costruzione dell’Archiginnasio. Anche la facciata rimase incompiuta, rivestita parzialmente in marmo da Giacomo Ranuzzi a partire dal 1538. L’interno del tempio, costruito in epoche diverse, è diviso in tre navate su cui si aprono ventidue cappelle decorate da artisti tra cui Francesco Francia, Lorenzo Costa, Parmigianino, Donato Creti.

Celebre è la Cappella musicale di San Petronio, la più antica istituzione musicale di Bologna (1436), il cui simbolo più prestigioso è un organo tuttora funzionante, che, costruito attorno al 1470 da Lorenzo da Prato, è il più vecchio al mondo ancora in uso. Molto visitata anche la Cappella dei Re Magi (IV) già Bolognini, le cui pareti furono sontuosamente affrescate da Giovanni da Modena con scene che rappresentano “Il Paradiso” e “l’Inferno”.

Molto nota è anche la meridiana dell’astronomo Cassini, che con i suoi 67,27 metri, è la più lunga al mondo.

L’accesso alla Basilica è piuttosto difficoltosa nonostante sia presente una rampa sul lato destro della scalinata di accesso alla chiesa ma la pavientazione a ciotoli e la presenza di un gradino redono diffocoltoso l’accesso alla rampa.